Warning: Undefined variable $loadjquery in /home/mhd-01/www.tenoresneoneli.it/htdocs/templates/meembo-blue/index.php on line 68

Il Tour in Cina dei Tenores di Neoneli, il diario di viaggio di Tonino Cau

Il viaggio in Cina nasce da un contatto che i tenores di Neoneli avevano col Direttore dell’Istituto Italiano di Cultura di Hong Kong, Matteo Fazzi, che anni prima ci invitò a cantare a Londra e Liverpool (all’interno dello stadio della mitica squadra di football).

Proponiamo ZUIGHES e la risposta è un entusiastico “si”: un progetto musicale ma anche marcatamente culturale, storico.

 

La notizia si spande fra gli addetti culturali delle istituzioni culturali italiane in Cina,m ed ecco la proposta da Pechino, a firma della Professoressa Stefania Stafutti, che ci chiede se ci avrebbe fatto piacere proseguire il viaggio da Hong Kong.

Così organizziamo un tour in quattro tappe. Diventeranno poi solo tre a causa della visita del Presidente del Senato Grasso, che altera la programmazione degli eventi.

Ma tant’è: bastano e avanzano tre date.

La locandina dello spettacolo a Hong-Kong
La locandina dello spettacolo a Hong-Kong

HONG KONG-2 dicembre 2015

Ad Hong Kong abbiamo cantato nel Teatro YOUTH. Le note di ZUIGHES hanno sorpreso e incuriosito il variegato e numeroso pubblico presente. La serata era inserita nell'iniziativa “Bellissima Italia”, organizzata dall'Istituto Italiano di Cultura. Hong Kong è una città allucinante. Ti meraviglia la frenesia della gente, sempre di corsa, ovunque, a tutte le ore. Vedi tantissime facce "occidentali". Si tratta di una mega città (ma, come vedremo, niente in confronto con altre realtà cinesi) perennemente in costruzione, dove giornalmente girano e interagiscono una ventina di milioni di persone, a fronte di una popolazione ufficiale residente di poco inferiore a 8 milioni.. Gru ovunque. Un porto containers che ti fa venire il torcicollo per la sua smisurata grandezza. Vedi i palazzi di trenta e più piani dove stanno i mini appartamenti di pochissimi metri quadrati, per la gente che non ha possibilità, e vedi i lucidi grattacieli dell'isola di HK, con la sua mitica skyline, i cui appartamenti costano un occhio della testa. Per strada vedi e senti di tutto, odori indefinibili, ambulanti con misere cianfrusaglie, impettiti uomini d'affari, studenti di Erasmus e Intercultura, giovani occidentali in cerca di avventure e... di futuro.

Dopo il concerto, un intellettuale sardo, Ciriaco Offeddu, ci dice,: vi voglio a marzo, ancora qui e a Macao, magari troverete concluso il ponte di 52 chilometri che collega Hong Kong a Macao. I cinesi lo fanno: noi discutiamo decenni se fare e come fare il ponte di Messina, quaggiù in pochi mesi ti realizzano un ponte monstre di 52 km. Comunque una signora, alla fine della serata mi dice: "Ho letto su Internet la storia di Eleonora d'Arborea, grande personaggio. Da dove proveniva?". Noi abbiamo risposto: "Da Oristano". E lei: "Neoneli dove si trova?". "A soli 45 minuti da Oristano". Soddisfazione: i nomi delle nostre città, esaltati in luoghi così lontani e diversi.

Della città di Hong Kong, dove ancora si guida a sinistra (retaggio coloniale degli “inglesi”), capisci che è una realtà meticcia, nel passato e nel futuro. Non si capisce se il futuro entusiasma o fa paura, nel senso che fra pochi anni non vi saranno più le condizioni di miglior favore garantite dal “passaggio” morbido dalla Gran Bretagna alla Cina Popolare. Intanto la città oggi è un vulcano di attività. Dicono che il dollaro di Hong Kong sia una delle monete più scambiate al mondo.

Bello esserci stati, e aver lasciato un buon ricordo. Anzi, apro la posta al mio rientro a casa e trovo un nuovo invito per il prossimo mese di marzo. Ci chiamano per una iniziativa culturale divulgativa, sui ritrovamenti e i “giganti” di Mont’e Prama. Ci vorrebbero anche a Macao. Perché no? Vedremo.

A Chongqing un manifesto annuncia l'arrivo dei Tenores
A Chongqing un manifesto annuncia l'arrivo dei Tenores

CHONGQING- 4 dicembre 2015

Prima di tutto comincio con una autocritica non di maniera: non avevo mai sentito nominare la città di Chongqing. Lo ammetto e faccio ammenda, io che per la geografia ho sempre avuto un debole e una grande passione.

Quando stiamo per partire qualcuno mi dice che la città conta più di trenta milioni di persone. Mi chiedo: “Come mai non ne abbiamo mai sentito parlare, possibile che una simile realtà sia ignota ai più, nel cosiddetto “occidente”? È così.

Provenienti da Hong Kong, l’aeroporto di Chongqing non da l’impressione di essere quello di una città forse fra le più grandi al mondo. Ci vengono a prendere e c’incamminiamo verso la città, ad uno sputo.

L’impressione “a pelle”, è che stiamo entrando in una nazione diversa da Hong Kong.

Ci colpisce favorevolmente il decoro e la pulizia delle strade, delle aiole, degli spazi verdi: tutto ben curato, neppure un coriandolo per le strade. Buste di plastica e rifiuti vari, molto popolari nelle nostre cunette, manco l’ombra. Ci diciamo, non senza essere sopresi: “il primo impatto è super”.

Ma, detto della sobrietà e della pulizia degli spazi, vi è un altri tipo di impatto che traumatizza: i palazzi, i grattacieli.

Mai visto in vita mia ( eppure città e metropoli ne abbiamo visitato in quattro continenti, megalopoli comprese) un tessuto urbano simile.

Appena usciti dall’aeroporto si entra letteralmente in città. Questo vuol dire che cominciano i grattacieli. Neppure un palazzo che non abbia almeno trenta quaranta piani. Un numero impressionante di palazzoni, tutti molto simili e spaventosamente vicini, fa pensare ad una città mostro.

Il grande ponte della confluenza del fiume Jialing e del tratto superiore del fiume Yangtze, ci fa entrare nel vivo della città.

Il panorama diventa monotono, una selva vera e propria di grattacieli dove vivono milioni di cinesi, ci diranno che ormai le quattro municipalità attaccate, a Chonqing hanno superato i 35 milioni, a destra e sinistra, per una densità di oltre 350 abitanti per km quadrato.

In sostanza, in una sola area urbana ci stanno la metà degli italiani. Pazzesco. E si vede.

Un amico sardo che in quei giorni sta proprio a Chongqing per affari, venendo a trovarci per assistere al nostro concerto, dice di aver percorso non meno di 50 chilometri per arrivare al centro, dove siamo noi. Ma la città inizia molto prima…Oltre due ore e mezzo di tempo. Mamma mia.

Dal nostro hotel si domina la piazza centrale della città. Sembra una piazza di Berlino o Parigi o Milano o Madrid o New York: palazzi di vetro e acciaio lucidi a specchio, le boutiques e le griffes più note al mondo gareggiano a mostrare le vetrine più sontuose, da Armani e Prada, da Versace a Valentino a Cartier a Rolex, a Miu Miu a Chanel…

Se ti sposti di trecento metri assisti ad un qualcosa di sconvolgente: torni indietro nel tempo, quasi nel medioevo. Resiste un mercatino dei poveri. In un dedalo di viuzze maleodoranti, sporche, trovi di tutto.

Ci sono i venditori di carne (disposta su cesti di canne o vimini, o dentro secchi di plastica, o su tappeti stesi per terra) che tutti possono toccare prima di acquistare, accanto a lustrascarpe, venditori di ferraglie, di fiori, di interiora, persino di sangue animale, di teste di pesce e di coniglio, di galline, oche e galli vivi (che in stamberghe luride macellano davanti ai tuoi occhi, con una igiene degna delle migliori cloache), e portantini sfiancati che con la loro canna di bambù sulle spalle trasportano di tutto.

Il tutto fa impressione. Dicono che fra pochi mesi il mercatino sarà un ricordo: incombono le ruspe e le gru.

Il consolato italiano organizza “Autunno Italiano”, e coglie l’occasione del nostro viaggio e, d’accordo con Pechino, ci invita a Chongqing.

Il Console Sergio Maffettone è entusiasta dello spettacolo, e predice che noi torneremo da quelle parti. Anzi, ci dice che ci vorrebbero ancora il 28 dicembre, dopo pochi giorni. Esprimiamo il diniego ovviamente, per il futuro si vedrà.

Lo spettacolo si tiene nell’androne molto vasto del più alto grattacielo della città, dove per altro ha sede al 47mo piano il Consolato Italiano.

Nell’androne montano il palco, sul quale troneggia uno schermo elettronico di otto metri per sei in cui vanno immagini della Sardegna prima della nostra performance, per poi lasciare lo sfondo fisso con la riproduzione del depliant dell’avvenimento. Stupendo.

In prima fila il nostro Console, quello vietnamita, il propietario del palazzo e altre varie autorità Ogni posto a sedere occupato, e tanti in piedi. Molto gratificante, non l’avrei mai detto. Andiamo via contenti.

Foto di gruppo nella Città proibita a Pechino
Foto di gruppo nella Città proibita a Pechino

PECHINO-9 dicembre 2015

Pechino ci attende con una cappa di tristezza. Si tratta del velo grigio dello smog, il micidiale smog provocato prevalentemente dal traffico caotico della città. Vedi che non è nebbia, la nebbia lascia una patina di umidità, lo smog no. Lo smog lo senti nel naso. Te lo soffi e sul fazzoletto restano tracce scure. Tant’è.

L’impatto con l’aeroporto è enorme: la sua vastità ci stupisce. Aereo e pullman ci mettono quasi 40 minuti prima di farci entrare nell’aerostazione.

L’hotel è in centro, vicino ad una delle innumerevoli zone commerciali e della cosiddetta movida. Locali di ogni tipo, centri dello shopping, ristoranti di ogni nazione, locali notturni…

Si direbbe anche la zona delle ambasciate, e pure la nostra è in quella zona.

Di prammatica visitare la Grande Muraglia. Ad un’oretta dall’hotel.

Fa freddo, sulla muraglia c’è ancora tanta neve e ghiaccio, e incombe una fastidiosa nebbia che inibisce una vista adeguata. Tuttavia il vallo di difesa dai mongoli acquista forse un aspetto più magico.

Patrimonio dell’Umanità, una delle sette meraviglie del mondo, percorriamo diverse centinaia di metri, e intoniamo il canto a tenore (a sua volta “Patrimonio dell’Umanità”), solo alcune note dato il freddo, destando l’attenzione dei numerosi turisti che comunque non mancano mai. Sorprendente e affascinante, stupefacente pensare a cosa hanno fatto gli uomini nell’arco di diversi secoli, e sotto diverse dinastie imperiali.

Il pomeriggio c’è la Città Proibita che ci aspetta. 72 ettari per il palazzo più vasto del mondo, 8700 camere, cortili e costruzioni del tutto simmetrici, sede imperiale per le dinastie Ming e Qing. Oggi Patrimonio dell’Umanità Unesco, sede di musei e attrazione turistica fra le più visitate del mondo intero.

Nei suoi cortili facciamo risuonare le note del canto a tenore. La gente fa capannello. Divertente.

L'annuncio del concerto a Pechino
L'annuncio del concerto a Pechino

Non lontano dalla Città Proibita e da Tienanmen vi è il teatro CNPA, il Centro Nazionale per le Arti dello Spettacolo (Guójiā dà jùyuànP, letteralmente "Grande Teatro Nazionale"), noto come l'Opera di Pechino, più familiarmente l'uovo, è un teatro d'opera a Pechino, Repubblica Popolare Cinese.

Il Centro, una cupola ellissoidale di titanio e vetro circondata da un lago artificiale, comprende in un'area di oltre 200.000 m² una sala per l'opera di 2.416 posti, una sala concerti con 2.017 posti, un teatro di 1.040 posti ed una attrezzatissima sala multimediale dove ci saremmo esibiti noi l’indomani..

È stato progettato dall'architetto francese Paul Andreu. La costruzione è iniziata nel dicembre 2001 e il concerto inaugurale si è tenuto nel dicembre 2007.

All’interno del CNPA non si era esibita sinora nessuna formazione di canto e tradizioni popolari italiane. Ci sentiamo emozionati e orgogliosi per essere i primi in tal senso. Da brividi.

Girare all’interno della struttura fa venire la pelle d’oca. Ogni angolo è un’opera d’arte, e opere d’arte sono disseminate dappertutto. Le cupole e la struttura sono davvero eccezionali. Mai visto niente di simile.

La sala multimediale il giorno dopo è piena, c’è gente in piedi.

La Direttrice dell’Istituto Italiano di Cultura, Stefania Stafutti, alla fine ci dice che la Direzione del teatro ha manifestato grande soddisfazione per il nostro spettacolo, augurandosi di ospitarci ancora.

Semplicemente sorprendente.

Andiamo via dalla Cina con la bocca piena di buoni sapori. Passa in secondo piano l’acre dello smog. Resta la contentezza per aver rappresentato per la prima volta l’universo delle tradizioni popolari di una piccola isola con una grande storia e un grandissimo patrimonio etnico.